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MANIFESTO

 

MANIFESTO DI ANIMA EUROPAE

 

          Preambolo: “Una sfida per gli europei”

 

Molte domande si pongono con preoccupata insistenza sul divenire delle varie società umane in un mondo che, attraverso l’esperienza della cosiddetta “globalizzazione”, stenta a trovare le vie di un progresso che sia armoniosamente rispettoso dei diritti umani, della libertà responsabile nella giustizia e della dignità di ogni uomo e di ogni donna. Molte domande si pongono anche sul “vecchio Continente” sia riguardo alla sua identità e alla sua crescita, sia a proposito del ruolo che intenda svolgere nel mondo, per la pace, la giustizia e lo sviluppo.

Gli europei sensibili a questi interrogativi sanno che la strada per trovare risposte autentiche passa innanzi tutto per la riscoperta della storia della propria cultura e dei valori spirituali, religiosi ed etici da cui essa è animata.

 Di questi valori sono stati “testimoni particolarmente rappresentativi” i sei santi compatroni d’Europa : tre grandi figure maschili del 1° Millennio ( S. Benedetto e i S. S. Cirillo e Metodio), ai quali Giovanni Paolo II ha voluto significativamente accostare, alla fine del 2° Millennio, tre grandi donne ( S. Brigida, S. Caterina da Siena e S. Teresa Benedetta della Croce – Edith  Stein -) , che “in diverse epoche si sono segnalate per il grande ruolo avuto nella storia ecclesiale e civile del continente”.

Nell’avviare un riflessione sull’Europa, la prima constatazione – che discende dalle domande emerse – riguarda la situazione di stallo in cui essa versa. 

 Ad oltre quarant’anni dai suoi atti fondatori il processo di integrazione europea, malgrado i notevolissimi successi conseguiti, è ancora incompleto. Lo è sia nella sua estensione geografica, sia nella sua organizzazione istituzionale e soprattutto nella dimensione e natura delle materie e attività oggetto di discipline comuni. Mentre queste ultime hanno ormai coperto in massima parte i settori economico- commerciale, finanziario e delle normative tecniche, manca in misura vistosa anche solo un indirizzo politico e programmatico rivolto alla sfera dei comportamenti etici, morali e spirituali che pure costituiscono i fattori essenziali della vita degli individui e dei corpi sociali e, a seconda del loro grado di maturazione e applicazione, qualificano il livello di civiltà dei popoli e ne determinano lo sviluppo futuro. Ma una dimensione etico- morale e spirituale che si ponga a fondamento ispiratore di un ordinamento civile e giuridico dell’Europa, ben difficilmente può essere materia di negoziati tra delegazioni governative, senza che sia sorretta da una profonda e diffusa sensibilità nelle coscienze dei cittadini.

Ora, nei modelli di vita occidentali in genere e quindi particolarmente nelle società europee, si fanno sempre più strada concezioni improntate ad  un materialismo edonistico e utilitario che tendono a privilegiare l’interesse individualistico a scapito di una visione integrale dell’essere umano che non sia solo esistenziale bensì anche consapevole del suo destino soprannaturale. E la prospettiva antropologica perde così di vista progressivamente ogni finalità trascendente ed escatologica.

L’influenza ormai dominante dei mass media che tendono a veicolare prevalentemente schemi consumistici e di secolarizzazione, quando non addirittura immorali, induce inevitabilmente un processo di distacco e anzi di evoluzione  antitetica rispetto ai valori fondamentali che hanno costituito nei secoli il fattore di maggior progresso della civiltà umana. E ciò avviene anche per la carenza o l’insufficienza di una forte e radicata cultura morale e spirituale nelle attuali generazioni che le renda immuni dalle sirene del libertarismo etico e capaci di reagire consapevolmente agli effetti perniciosi che esso può avere non solo sugli individui ma anche sulla coesione delle strutture basilari della stessa società e, in primo luogo, sulla famiglia.

La sfida che oggi si pone, in primo luogo per i credenti, è quindi nel recupero e nella pratica responsabile dei contenuti del messaggio evangelico. Riscoprire e riproporre le radici cristiane della civiltà europea è allora essenziale, non per sterili esercizi di nostalgia né per perseguire un anacronistico monoconfessionalismo rispetto ad altre culture e tradizioni religiose, ma per dare al cammino europeo la direzione giusta, la direzione di un nuovo umanesimo fondato su una concezione più alta della dignità di ogni persona e di ogni comunità.

Consapevoli, come cristiani, di dover assumere una responsabilità primaria di fronte a questa sfida, abbiamo deciso di impegnarci in un’azione di carità e di testimonianza cristiana volta alla sollecitazione delle coscienze di tutti gli uomini e donne di buona volontà affinchè vogliano riflettere sul proprio destino e mobilitarsi per dare una testimonianza viva e attiva di adesione a quei principi etico- sociali e a quei modelli di vita che sono insiti nella tradizione cristiana.

 

 

 L’identità spirituale, religiosa, etica e culturale dell’Europa

 

Con il nostro Manifesto intendiamo perciò contribuire a ricercare una comune piattaforma di intenti: perché  al di sopra di una unione meramente economica e mercantile l’Europa sia costruita su una autentica unità spirituale, etica, culturale.

  Le nostre riflessioni – mentre ci  sforziamo di leggere “i segni dei tempi”, attenti ai messaggi di Giovanni Paolo II, dei pastori delle Chiese, degli uomini di cultura e  dei responsabili politici europei – si concentrano perciò sulla identità dell’Europa, la quale affonda le sue radici più profonde nel cristianesimo.

 Esso - “consolidato sul saldo fondamento della eredità classica e dei molteplici contributi arrecati dagli svariati flussi etnico-culturali che si sono succeduti nei secoli”  - ha operato  come grande fattore di civiltà, dopo il declino di quella romana: ispirando, alla luce del messaggio evangelico,  la tutela della inviolabilità della coscienza, della autonomia morale e civile, della dignità del pensiero consacrato alla ricerca della verità; dando vita a luoghi privilegiati di preghiera, di studio e di lavoro; promuovendo la organizzazione di straordinarie forme di accoglienza, di solidarietà e di promozione umana e la risposta a tanti bisogni di carità - nel campo della ospitalità, della sanità, della assistenza, della educazione e della cultura, con innumeri congregazioni e famiglie religiose -; sostenendo la valorizzazione di tante tradizioni , la crescita di molteplici energie culturali e sociali, un vitale rapporto di armonia tra spiritualità e arte. E insegnando l’apertura a tutte le genti. Sono queste “le radici” da cui  sono fioriti – intrecciandosi in modo inestricabile con la esperienza storica degli europei e irradiandosi in una dimensione universale  – i valori della persona e della comunità, capaci di richiamare alla vocazione del trascendente e all’impegno operoso nella storia. E sono proprio questi valori personalistici e comunitari ad aver dato vero significato a quelli “basilari” di uguaglianza di tutti gli uomini, di fraternità umana, di libertà, di giustizia, di partecipazione, di socialità, di solidarietà, di pace.

 Intessuti profondamente nella nostra cultura, questi valori sono stati spesso contraddetti e rinnegati da “storiche” rivalità, odi, conflitti, totalitarismi, guerre devastanti, razzismi, orribili eccidi e connivenze con i mali del mondo.

 I popoli europei hanno perciò bisogno di ritrovare la loro “memoria” e di purificare la loro “coscienza storica”: riconoscendo e perdonandosi vicendevolmente gli errori, i pregiudizi e le colpe del passato e del presente,  per maturare la responsabilità della “riconciliazione”, della “conoscenza l’uno dell’altro”, della “accettazione delle differenze”, della “accoglienza” e della “convivenza”. E hanno bisogno di rigenerarsi nella “fiducia reciproca”, nel “rispetto sincero”, nella “solidarietà” , nel “ sostegno vicendevole” e nel “mutuo servizio”, nella “condivisione  di diritti e di doveri”: affinchè tali valori – senza dei quali non è possibile raggiungere una  salda duratura unità - possano essere riscoperti nella loro sostanza più profonda, riportati al primo posto e ispirare più autentici e coerenti comportamenti etico- sociali , nel pensare, nell’agire, nel relazionarsi, nel legiferare.

 Al tempo stesso, questi valori hanno bisogno di essere riconosciuti da tutti gli europei – pur se appartenenti a etnie, confessioni religiose, tradizioni, orientamenti diversi – credenti e non credenti, come un comune patrimonio antropologico, culturale ed etico.

 Esso si costituisce perciò come  un fecondo spazio di pluralismo; e si propone quale “punto di partenza” per “integrare la ricchezza delle diverse identità culturali e religiose”, “fare sintesi e comunità nella  diversità” e intraprendere un “comune cammino” verso obiettivi sociali, civili, spirituali, culturali comuni e condivisi: con la volontà  e la capacità di operare insieme, in forza della “amicizia nella carità” ( che accomuna le diverse fedi ) e della “amicizia civile” ( che unisce intorno a “ideali storici concreti” tesi al bene comune, che esige innanzi tutto di coniugare la libertà nella democrazia, lo sviluppo economico e la coesione sociale ); e della “amicizia nello spirito” ( che fa incontrare sulle strade della religiosità, del bisogno del sacro, della ricerca della verità e delle conquiste del pensiero e dell’arte).

   

 Le mete da perseguire

 

 Le mete convergono verso una unione più solidale e sostanziale di intenti  intorno alle libertà fondamentali e agli inalienabili diritti e doveri personali e sociali, che garantiscano – su tutto il continente - la dignità  della persona , in ordine ai bisogni materiali e spirituali, e la uguaglianza delle opportunità per tutte le persone.

Ciò approntando  politiche sociali, fondate sulla “centralità della famiglia”, ”culla della vita” e “cuore della città”, sulla educazione, quale strumento privilegiato di “promozione umana”, sul lavoro, quale primario diritto-dovere di ogni cittadino, su uno “stato sociale” giusto ed equo. Inoltre, assumendo concrete  responsabilità etiche e sociali in ordine alla tutela e alla promozione della vita, della parità dei diritti della donna, in tutti i campi della vita sociale,  del tessuto comunitario, della integrazione di una solidale società multietnica, multiculturale, multireligiosa, della crescita  della partecipazione, della   cittadinanza attiva e della iniziativa dei mondi vitali espressi dalla società civile.   E, infine,  operando per il riconoscimento delle radici cristiane come operatrici e fondative dell’unità dell’Europa intorno ai comuni valori umani, etici, sociali, civili; e per l’affermazione del valore delle religioni e della rilevanza giuridico-istituzionale e del ruolo ”pubblico” di tutte le chiese e delle comunità religiose (secondo lo statuto di cui godono nei rispettivi paesi), essenziali nella formazione della cultura e nella rigenerazione delle basi etiche e del tessuto comunitario  per la costruzione di una “città dell’uomo giusta e pacifica”.

Le altre mete richiamano ad una convergenza di intenti per la tutela e la valorizzazione della grande ricchezza della natura – quale “bene della creazione” che ci è stato “prestato”, da salvaguardare anche attraverso uno sviluppo ecocompatibile – e dell’immenso patrimonio della cultura  e dell’ arte – quali espressione del pensiero, del sentimento e della bellezza, doni inalienabili da fruire e da mettere in comunione con riconoscenza, scambiandoli con quelli di tutti i popoli del mondo -.  

Il raggiungimento di queste mete esige che all’unità culturale ed etica del continente corrisponda una unità socialmente e  politicamente più forte: per una Europa  unita, come “casa comune”, “comunità dei popoli”, “famiglia delle nazioni”, costruita su una Carta fondamentale”  che definisca le regole e le istituzioni e garantisca lo “stato di diritto” per tutti i cittadini europei. E  veramente intera, dunque allargata alle nazioni dell’oriente europeo.

Solo realizzando  questo modello di convivenza e di cooperazione nell’unità, l’Europa può  davvero assumere un compito  profetico, senza superiorità, a servizio di tutto il mondo, come “campione della difesa dei diritti umani” nel mondo “globalizzato”, in una visione personalista e solidale: con la denuncia e la lotta contro tutte le ingiustizie e gli egoismi su cui si radicano l’odio, la violenza, i conflitti e il terrorismo; e con l’azione per la pace, mediante sapienti opere e strategie contrapposte alle logiche belliche,  e imponendosi un ruolo deciso nella mediazione delle controversie, nella composizione dei conflitti e nella iniziativa contro le guerre.

 

  I Santi compatroni d’Europa : un messaggio di unità e di speranza

 

 All’inizio del terzo millennio, ci richiamano con  forza a questo progetto, con la “creatività della santità”, accompagnandoci in questo cammino, quali “testimoni di  fedeltà a questi valori nell’amore di Dio e dei fratelli”, i  Santi patroni d’Europa : S. Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale, e i S. S. Cirillo e Metodio, “profeti dei tempi nuovi”, operatori di grandi disegni di unificazione religiosa e culturale del continente.

Insieme con loro, ci accompagnano le tre Sante, recentemente proclamate.

+ S. Brigida ( svedese: Finsta 1303 – Roma 1373 ). Sposa e madre esemplare di otto figli               ( tra i quali Karin le fu emula nella santità ), donna di preghiera e di carità, prese interesse alle questioni politiche e religiose che sconvolgevano l’Europa  pellegrinando per la Germania, la Francia e la Spagna. Dopo la morte del marito, “visitata da grazie mistiche straordinarie”, fondò l’ordine del Santo Salvatore. Stabilitasi a Roma, intraprese la sua missione di “partecipe della costruzione della comunità ecclesiale in un momento critico della sua storia”. E con la forza della profezia, “svelando i disegni di Dio sugli avvenimenti storici” a principi e pontefici e denunciando la corruzione dei costumi, “divenne un punto di riferimento per molte persone della Chiesa del suo tempo”, adoprandosi per il ritorno del papa da Avignone. “Ponte tra la Chiesa di Roma e i cristiani del nord europeo”, resta “un prezioso legame ecumenico, rafforzato anche dall’impegno in tal senso svolto dal suo ordine”.

+ S. Caterina da Siena ( italiana : Siena 1347 – Roma 1380 ). Testimone “di un rapido cammino di perfezione tra preghiera, austerità e opere di carità”, scelse di far parte della famiglia domenicana.  Sapendo coniugare in modo straordinario “la vita contemplativa” e “la operosità apostolica”,  entrò “con piglio sicuro e parole ardenti nel vivo delle problematiche ecclesiali e sociali della sua epoca”, facendosi  “messaggera e pellegrina di pace tra le città e di  rinnovamento e unità nella Chiesa”, contribuendo in modo decisivo ( importante il suo viaggio e la sua missione ad Avignone presso la corte papale ) al ritorno del Papa a Roma. ”Mistica della politica”, parlò con forza a sovrani e pontefici per additare le strade “per la soluzione dei molteplici conflitti che laceravano la società”, richiamando “alla santa e vera giustizia” e additando “nell’esercizio della sovranità mai disgiunto dalla carità” l’anima “della vita personale e della responsabilità politica” per il governo dei popoli e delle città.

+ S. Teresa Benedetta della Croce - Edith Stein – ( ebrea prussiana: Breslavia 1891 – lager di Auschwitz-Birkenau 1942 ). Intellettuale ed educatrice, assistente all’Università di Friburgo , presso la cattedra di filosofia di E. Husserl, padre della “fenomenologia”, percorse un cammino che dalla filosofia “all’insegna del puro razionalismo” - attraverso il contatto “con le testimonianze della esperienza  spirituale cristiana offerte da S.Teresa d’Avila” e con “la tradizione del pensiero cristiano consolidata nel tomismo” - ,“giunse dapprima al battesimo e poi alla scelta della vita contemplativa nell’ordine carmelitano”. “Testimone  di spiritualità per l’uomo moderno”, militante “a favore della promozione della donna”, sostenitrice di una “concezione comunitaria della società”, fece “propria la sofferenza del popolo ebraico”, diventando martire e vittima innocente di espiazione nell’inferno di Auschwitz“, quasi come “pegno” di un “rinnovato incontro di ebrei e di cristiani”. 

Queste tre Sante si impongono dunque quali segni profetici di speranza, di riconciliazione e di unità ecumenica tra le Chiese e i cristiani”, e quali strumenti di unificazione delle anime del nord, del centro, del sud, dell’oriente e dell’occidente europei. E ci testimoniano  una grande “esperienza di Dio”            - maturata misticamente e nell’amore e nel sacrificio - e  una grande “esperienza di valori umani e spirituali”, vissuta nella fedeltà al loro mondo e al loro tempo senza essere possedute dal mondo e dal tempo, umili e ardite di fronte ai grandi e ai potenti, ”presenza sapiente nella società e nella chiesa”.

Rivelando in modo eminente la dignità e la ricchezza della femminilità e la speciale missione della donna “sotto il profilo umano e religioso”, il “genio” e il carisma propri  del “femminile” nella storia,   queste tre Sante ci lanciano un messaggio di straordinaria attualità. Ci aiutano infatti a coltivare la speranza; ad “uscire da se stessi “ e a guardare al di sopra delle mete e delle evidenze materiali; a scegliere di ascoltare, dialogare con sincerità e pazienza, ad aprire l’intelligenza e il cuore alle domande sul senso della vita e sul valore della libertà. Ci invitano a  coltivare le virtù della spiritualità e ad unire la contemplazione e l’azione, la fede e la vita, l’ “ora et labora”; e a fare sintesi “tra i valori perenni, confermatisi tante volte nella storia, e le sfide del mondo di oggi”. Le nostre patrone ci richiamano inoltre con il loro messaggio a misurarci  con le istanze di novità e a saper  cambiare se stessi e le cose ; a partecipare con coraggio – “profittando del tempo presente che ci è dato” – alle problematiche e alle vicende umane, sociali, civili, politiche, ecclesiali, sempre sensibili ai dolori e ai doveri della storia e mai appagati dalle nostre risposte ad essi. E ci spingono  a decidere di governare le città e i popoli con spirito di servizio nutrito dalla carità.

 Lavorando  per la pace – che è dono e responsabilità -  con l’operare per la giustizia, disponibili al perdono e alla riconciliazione.

Per dotarci di un supplemento di anima e restituire vigore e visibilità - attraverso questa  comunione e questa  testimonianza di valori spirituali, religiosi, culturali ed  etici - ai caratteri costitutivi della civiltà europea.

E guardando al futuro.  Non come ad un rischio, ma come ad una scommessa carica di speranza!